sabato 26 novembre 2011

# 35

METTITI IN P(R)OSA

un amore come le piene del Nilo
che fa sbocciare rose nel deserto,/ non petali di pietra nè muta sabbia;
un amore che sa plasmare il fango
in forma di spighe e radici nuove,
in forma di vita.
 
 
 
 
 
 
 

# 34

 
 
 
Dove il tempo distrugge,
marmo o carne che sia,
sbocciano i papaveri.
 
 
 
 
 
 

# 33

PALEOLITICO SUPERIORE
 
 
Nelle mie grotte di Lascaux,
all'origine delle forme
primo utero del colore
dove l'anima pone radice,
sta impressa la sua forma d'uomo,
immune ai morsi del tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 

#32

RICOR'DANZE 
 
Nella mia anima al nero
fiorisce rugiada di luce
(gli sguardi d'amore, le fughe,
gli equinozi a fine novembre
e altri palpiti sepolti ieri
come semi o come morti).

Rimane soltanto il silenzio,
rimango io, 
notte stellata.
 
 
 
 
 
 
 

martedì 13 settembre 2011

#31

 
Come anime alate da una voliera,
ogni sera un tuo bacio rende ai venti
lo stormo di domande che mi abita.
E tace il loro canto e danziamo noi.
 
 
 
 
 

venerdì 9 settembre 2011

# 30



Fiore diafano e nudo
approdato al mio letto
dopo il naufragio dei gigli
e il silenzio dei simboli,
dopo l'amore,

stavi raccolto in te stesso
in un nido, un utero
di sonno che abbraccia il cosmo,
immune al tempo e alla luce.
Io ti guardavo,

recitando il rosario
delle tue vertebre chiare;
ed ho visto, in trasparenza
come in un frutto d'acqua,

i semi assopiti

in ciascuno una storia
ricordi, promesse, sangue,
sorrisi lunghi decenni,
i tuoi figli che non conosco

e alla fine noi.

Non sono la tua radice
nè il ramo che sfiora i cielo,
non sono moglie nè amante
ma una lingua di polline,
canto fecondo
rugiada rossa.











sabato 23 luglio 2011

#29


 ARIANNA E POLLICINO


Il groviglio delle strade
si districa viaggiando,
seminando ad ogni passo
un palpito pulito
che germoglia dal tuo nome

(il bosco di luna e vento
cullerà ogni notte gemme
germogli e radici nuove,
nuove foglie bagnate
dal sole della prima alba.

Alle spalle lasceremo
un mare di sussurri verdi,
parole come fili d’erba
e il pulviscolo di luce,
schiuma salata di tempo.)

non per tracciare il sentiero
sicuro del ritorno a casa,
né per sapere dove siamo,
ma per perderci ancor meglio
fino al solco più profondo
e più fecondo della vita.


 



sabato 16 luglio 2011

#28

Notte di stelle sparse
nel tuo mantello
raccogli i desideri
e portali là:
lontano un cuore batte
dimenticato
dalla fuga del tempo.









#27

CATULLO, CARMINA 1,V

L’aria più scura, la vista s’annebbia:
stinge il colore, il profumo sfuma
concilia la stanchezza il sonno, il mondo si assottiglia
nelle fessure delle palpebre che si chiudono
piano, si chiudono - non ci sono stelle a contendersi il cielo
nessuno mi insegna la notte- muore il sole
risorgerà
muore la luce
ritornerà
muore l’amore
morirò con lui
la mia mano accarezza il disegno di una vita riempita di baci
senza respiro e ugualmente, alla fine,
il silenzio.

Baciami Lesbia,
per l’ultima volta, nel grembo umido del mio amore
insaziabile.
Baciami
e dammi ancora un istante di vita, ed ancora,
per ogni tuo bacio un po’ di presente
che ride alla morte invidiosa
e le dice non ora, torna più tardi.



#26

Alle fronde d’un tuo sogno
ho appeso la cetra;
sei epillio d’acqua dolce,
metrica perfetta
di desideri spondaici.








venerdì 15 luglio 2011

#25

Ad un ridicolo
cuore nudo.

Dove credi di nascondere le tue cicatrici,/ se ti circonda un deserto senza ombre?

Il sole implacabile che mai abbassa lo sguardo/ ti ustiona, ti abbacina, corrode i tessuti;/ le lacrime, tutte, evaporano (canto d’oblio)./ Questo significa esser sinceri.

Vorresti forse celare la tua carne spoglia,/ povero palpito mortale? Vorresti / fingerti forte e sempre saldo?/ Non hai unghie né denti né un misero/ clipeo di latta, non hai ossa né voce:/ non puoi difenderti, mentire

…e insieme amare.

Non puoi.

Così tenero e vivo osi vergognarti del tuo essere,/ essere fragile essere rosso, vulnerabile in mani

 non mie?

Per ogni singhiozzo un granello di sale/ che ulcera piano un sussulto.

Eppure lo cauterizza. Tra gli spasmi guarisci.

Poi ancora ti bei della vita che pulsi,/ ritmata, perfino nel pianto; ancora inventi/ parole senza fatica e senza dolore,/ ancora sobbalzi e trasali al solo sentirne la voce,/ ancora sei intriso di voglia, di forza,/ del sangue incruento che fa giorni del tempo,/ e dei giorni semi, e di questi un immenso giardino.

(come a Danae pioverà preziosa pioggia d’oro, sulla pelle, a noi due sciolti in un abbraccio liquido -inestimabile istante di momentanee eternità a lungo sognate-)



#24


NEBBIA3

Sugli occhi (pesante
di sonno e torpore),

sui vetri appannati
dell’autobus lento
che a stento sferraglia,

dai fossi all’asfalto,
sui campi, dovunque,

grava lieve
la nebbia.

Incerta sindone
sul mondo che aspetta;

(non è morto). E tace
in polvere o brina,
rassegnato aspetta,
aspetta, aspetta,
aspetta CHE COSA?

Neppure ricorda
chi attende nel freddo

(uno sguardo, un bacio?
la notte perenne?)

Solo si tumula
nella caligine
sperando un’estate
che non sa sperare.




#23


E certi ricordi
-come una pallida convalescenza
dopo lunga febbre-

vanno a stemperarsi
nella vaga aurora
immemore di notti che son viaggi

(non ricordi il mare
né un faro al pontile;
eppure -sei certo-
l’infinito spazio
ed il sale addosso
sapevano di noi)





#22

COLMATA PERSIANA

Per tutta la notte
nella nebbia, nuda
ho scavato il buio

(come fosse una culla,
come fosse una fossa).

profanando così
il silenzio greve

(di relitti e carcasse
ed ossa di parole
sepolte a lume spento).

In mezzo ai quei resti
mi son rannicchiata
in attesa dell’alba.

Ho dormito
stesa nella fossa comune
in cui giacciono senza nome
ricordi ed avanzi di un tempo
che non è più.


giovedì 14 luglio 2011

#21


ACQUAFORTE

Ore scabre come carta smeriglio,
a levigarmi bene.

Con fastelli di parole arse in fretta
s’affumichi la pelle.

Lo scrosciare delle piogge acide
poi inciderà la carne.

Sono ferro di sangue aggrumato
in metallici graffi;

Ma a contatto con superfici bianche
(un lenzuolo, un foglio)

il peso della mia ombra disegna
immagini vivide. 





#20

CALIPSO

Sono l’altrove che sempre cercasti.

Mi amavi però con un ricordo negli occhi,
ed aveva l’odore d’un’altra donna.

Ti bastò una lacrima per tornare
da lei, per perdermi nel fragore
sinuoso danzante del mare a sera.

Ero l’altrove isola vaga d’oblio
cielo straniero capelli di grano

e ti volevo con me ogni giorno,
ogni notte nel mio tempo immortale.
Ma ti lasciai libero di fuggire.

Sono quel viaggio che ti fece tremare,
quell’unico viaggio che non affrontasti.







#19

LETE

Ci son sempre quella volta e quell’altra,
ad andare per lunghe –ti ricordi?-

e sentivo l’anima desolata e vasta, 
oceanica e pur piena insaziabile
e sentivo il vento fresco la sera 
insinuarsi sulla pelle oltre il cotone

Ma io non sono parole scolpite nel bronzo
calerà il silenzio d’oblio, non importa
che tu 
non 
ricordi
nulla

e sentivo il sussurro dei tuoi sogni 
-qualche volta era grido nel buio-
e sentivo il peso lo schianto e i sorrisi, 
la processione dei cieli e degli anni.

Tutto a perdersi nell’angusto contorno 
del mio riflesso allo specchio.


#18


SAFFO, FR. 168 V

Cara Saffo,
anch'io dormo
sola, anch'io
non ho la luna
nè la sua pelle.
Ma per fortuna
alcune stelle
da vicino
non bruciano.



#17

OD. IX, vv 106-130

Ho coltivato immensi prati
a fior di loto.
Volevo un mondo bianchissimo
tenero e lieve
di neve di petali ovunque.
Tempo sprecato:
non ricordo proprio più nulla.
Chi semina oblio
raccoglie spighe di ruggine.





#16

UMANI SILENZI
E quando vien sera
s’addensan le nubi
sugli orti.

Non pensi sia vera
quest’ora che rubi?
Sopporti

il nulla che stagna
tra il sole ormai basso
e la luna?

Già tutto si bagna.
Già il cielo di sasso
s’imbruna.

Le rane nei fossi
canticchiano allegre.

Io invece
mi ascolto
tacere.






#15

DI PIOGGIA FECONDA

Come un vento teso il desiderio
di carne cruda, del tuo sapore
e delle mani mi sferza il respiro
*
solleva dall'anima una danza
di schiuma salata e bianchissima
tempesta d'orgasmi, una danza
di menadi divine -sangue e vino
nelle vene, tra i capelli foglie,
spighe sterpi-
*
terribilmente donne







#14

LA MIA ORIGINE TI APPARTIENE

è il tuo ombelico, la fronte solcata da nubi
o maggese d'azzurro puro e polline.
E' dove il vento portava l'eco del tuo nome,
dove ogni foglia di bosco, il muschio e gli steli
cantavano in danze di linfa i tuoi occhi rugiada.
Già nei giochi sfocati di bambina ti cercavo:
non avevi volto nè voce nè odore d'uomo,
eri il seme che afferra l'anima, prima radice
mistero incruento, sangue inchiostro di donna,
amore miele selvatico su quelle labbra
che baciandoti avrebbero trovato il mio nome




martedì 12 luglio 2011

#13

GENITIVO (non assoluto)
Da tutti i significanti schiusi,
spaccati nel mezzo -frattura,
ferita e pianto di nascita-
s'esala il tuo odore d'uomo:
lacrima verde di resina
che ora arde nel turibolo
della mia anima sconsacrata.
 
 

sabato 9 luglio 2011

#12

DE AMORE, SPELEOLOGIA APPLICATA
 
E potrai fare delle esplorazioni nei miei fondali,

 compiere scavi sottomarini  in un passato

di milioni di stratificazioni terrene e umane,

nei tempi dei relitti melmosi, delle conchiglie

 e più su in quelli dell’università e dei tuoi baci ieri.

 

Potrai riportare alla luce stelle che non hanno

nome ancora, farle trasparire appena sottopelle,

giocarci lungo tutte le mie vene, nervi e tendini.

 

Potrai trasformare le sabbie mobili di abissi

e carne cieca in una luce dolce di tramonto

 oltre i tetti e i rami più alti, luce calda

che ti riempirà le mani a coppa per farsi bere.

 

Anche noi cresceremo di almeno una spanna,

 e senza febbre nè convalescenza riarsa,

spettinati e nudi come gli eroi, come i bambini.



 

#11

RELIGIONE BIODEGRADABILE
 
Credo in quell’unico dio
condensa sui finestrini
nubi liquide di fiato
quando si fa l’amore in macchina.
 
Credo in quell’infinito
che risulta dalla somma
d’uno più uno, acqua e farina
anima e carne su carne e anima.
 
La metafisica è sangue,
-fantasia enzimi lievito-
la parola rubricata
nei fiumi silenziosi delle arterie.




#10

  ΧΑΡΙΕΙΝ

Quando ero un giunco di vetro, quando ero vento, azzurre le labbra
per il freddo, esametri di brina e ragnatele mi ricamavano il corpo,
quando ero morta, e amavo Apollo, statua di marmo rosa dall'edera.
Occhi di specchio un milione di volte vomitarono quell'immagine,
feto del mio nome, inchiodato nel silenzio da lancette immobili.

In ogni respiro rubato/ ti cercavo.

Mi dissero anche di non saper amare, di essere donna senza sangue
senza sangue tu capisci queste parole di piombo che squarci larghi
quante convulsioni e malattie inguaribili distillano direttamente in vena.
Furono baccanali e danze a vuoto, deserti, notti gonfie di carne,
di mani, sudore, l'eco ubriaca di uomini già spariti, di fantasmi vivi.

In ogni respiro rubato/ ti cercavo.

Quindi credimi, mio mare all'alba api di luce su seta stesa, finalmente
quando ti ho trovato, acqua dolce acqua salata un tuffo lungo secoli,
ho pensato che anche soltanto un istante, un frammento di sabbia, un attimo
impercettibile che avesse l'odore di noi due mescolati mi sarebbe bastato,
per l'infinito tempo a venire, imperscrutabile viaggio naufragio o approdo.

In ogni respiro raccolto/ fiorisce il tuo nome papaveri e orzo.

Ora, senti, siamo un maggio di robinie bianchissimi orgasmi,
foglie tra i capelli come un rito sacro, noi il braciere, noi l'issopo,
il salmo delle stagioni ed anche la notte burrasca che squarcia le vele
(tavolozza cui nessun colore manca -eri tu il cavaliere in sella all'iride).
Forse ci siamo scritti sulla pelle tutte le parole di tutti gli idiomi,
scriptio continua di respiro e passi, baci, binari, distanze, spiagge,
stelle e lenzuola, tutte, e su tutte si è posato quel silenzio che non mente mai.