Ad un ridicolo
cuore nudo.
Dove credi di nascondere le tue cicatrici,/ se ti circonda un deserto senza ombre?
Il sole implacabile che mai abbassa lo sguardo/ ti ustiona, ti abbacina, corrode i tessuti;/ le lacrime, tutte, evaporano (canto d’oblio)./ Questo significa esser sinceri.
Vorresti forse celare la tua carne spoglia,/ povero palpito mortale? Vorresti / fingerti forte e sempre saldo?/ Non hai unghie né denti né un misero/ clipeo di latta, non hai ossa né voce:/ non puoi difenderti, mentire
…e insieme amare.
Non puoi.
Così tenero e vivo osi vergognarti del tuo essere,/ essere fragile essere rosso, vulnerabile in mani
non mie?
Per ogni singhiozzo un granello di sale/ che ulcera piano un sussulto.
Eppure lo cauterizza. Tra gli spasmi guarisci.
Poi ancora ti bei della vita che pulsi,/ ritmata, perfino nel pianto; ancora inventi/ parole senza fatica e senza dolore,/ ancora sobbalzi e trasali al solo sentirne la voce,/ ancora sei intriso di voglia, di forza,/ del sangue incruento che fa giorni del tempo,/ e dei giorni semi, e di questi un immenso giardino.
(come a Danae pioverà preziosa pioggia d’oro, sulla pelle, a noi due sciolti in un abbraccio liquido -inestimabile istante di momentanee eternità a lungo sognate-)